UNA VITA AFFERRATA DA DIO PER DONARSI AI FRATELLI POVERIEnzo Boschetti nacque il 19 novembre 1929 a Costa De’ Nobili (PV). Figlio di autotrasportatori, visse una fanciullezza semplice, caratterizzata dalla povertà e dai disagi comuni a tutti, in un piccolo borgo rurale negli anni precedenti la seconda Guerra Mondiale. Nell’adolescenza frequentò l’Azione Cattolica. Alcuni ritiri spirituali tenuti a Villa S. Cuore di Triuggio (MI) fecero nascere in lui una generosa e sincera ricerca vocazionale che culminò nel 1949 con la fuga di Enzo da casa e l’ingresso nei Carmelitani Scalzi a Monza dopo aver letto l’autobiografia “Storia di un’anima” di Santa Teresa di Lisieux. Scelse inizialmente la vocazione al sacerdozio ma fu invece orientato dai superiori a quella di consacrazione. Per sette anni Enzo, con il nome di fra’ Giuliano, visse nel Carmelo Teresiano come semplice frate, lavorando generosamente per l’Ordine. Nel contempo radicò in sé profondamente l’esperienza carmelitana della preghiera, nella vita comunitaria e con forte desiderio della missione. Tale desiderio divenne realtà nella primavera del '56 quando fu inviato nella missione carmelitana del Kuwait. Qui riemerse fortemente in lui la vocazione sacerdotale. Egli stesso scriveva: «avevo conosciuto il grande bene e la intima gioia della conversione, della libertà in Cristo Gesù e desideravo ardentemente che altri come me arrivassero al porto sospirato della libertà lasciando alle spalle le pesanti schiavitù delle vanità del mondo». Ma le regole dell’Ordine non permettevano di passare dalla vocazione religiosa a quella sacerdotale. Il doloroso discernimento che Enzo dovette compiere sfociò infine, con tanta sofferenza e un esaurimento nervoso, nella decisione di uscire dall’amato Ordine religioso del Carmelo, per rispondere a questa chiamata che a tutti appariva misteriosa. Iniziò la formazione al sacerdozio presso l’Opera Capelli - dedita al sostegno delle vocazioni sacerdotali adulte – presente con le sue comunità nelle Marche e nel Lazio. Furono anni difficili a causa degli strascichi dell’esaurimento nervoso vissuto nel Kuwait e della sua attitudine pratica che non lo facilitava nello studio. Concluse gli studi di teologia a Roma, respirando l’universalità della Chiesa Cattolica allora animata dallo Spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II. Frequentò la Facoltà Teologica del Laterano, risiedendo negli ultimi due anni presso il Seminario Lombardo. Fu ordinato sacerdote da mons. Carlo Allorio, vescovo di Pavia, il 29 giugno 1962. Don Enzo iniziò il suo ministero sacerdotale come coadiutore parrocchiale a Chignolo Po e successivamente, dal 1965, a Pavia presso la parrocchia del SS.Salvatore. Emerse subito in lui una sensibilità particolare per i problemi della gente e dei poveri: si occupava infatti anche della pastorale degli operai e dei nomadi. Ma è significativo che proprio nel 1968 don Enzo avviò in modo povero, nascosto e immediato il cammino di servizio e condivisione con i giovani che vivevano situazioni di disagio e di emarginazione: era una concreta risposta evangelica ai tanti desideri e tensioni di cambiamento presenti nella società e nei giovani di allora. Don Enzo accolse immediatamente i problemi e le speranze dei primi ragazzi - prevalentemente emigrati dal sud, lontano dalle famiglie e in cerca di lavoro - che bussavano alla sua porta. Inizialmente li ospitò per la notte nei locali dell’oratorio di Viale Libertà a Pavia: dormivano sul tavolo del ping-pong e del biliardo uscendo presto la mattina. Ma l’emergere del fenomeno della tossicodipendenza spinse don Enzo e i primi volontari a non fermarsi alla semplice assistenza. Dopo alcuni tentativi di accoglienza residenziale in un appartamentino, costituendo tramite alcuni laici impegnati l’Associazione Piccola Opera S. Giuseppe, nel 1971, venne acquistata Casa Madre, la prima Comunità. In questi anni la comunità si avviava come realtà profetica e innovativa ma le tensioni e i cambiamenti nella Chiesa e nella società venivano visti anche con sospetto. Don Enzo visse questi tempi carichi di ambiguità e di speranze ponendo sempre in primo piano il valore della comunione con la Chiesa, rappresentata dalla persona del vescovo. Questa comunione fu da lui desiderata profondamente e anche sofferta, e sempre lo guidò nelle sue scelte e nei suoi progetti. Lo stile di vita che don Enzo proponeva era concreto e innovativo, caratterizzato dall’accoglienza immediata, dalla logica della prevenzione educativa e dalla responsabilizzazione dei giovani ospiti. Al cuore del metodo educativo vi era la condivisione reale di vita tra educatori, volontari e ragazzi ospiti, insieme a tanta gioiosa e concreta povertà. Il tutto ispirato al Vangelo e sostenuto da una preghiera umile, nascosta e profondamente immersa nella carità. Don Enzo lentamente, in dialogo con il vescovo mons. Antonio Giuseppe Angioni e tra tanti sacrifici e incomprensioni, vide crescere il numero delle persone coinvolte nell’ “avventura Servizio” - così egli amava descrivere l’esperienza della comunità -. L’azione di don Enzo si inserì nel tessuto sociale della città di Pavia e anche nelle province di Lodi, Lecco e Biella con alcune comunità, rispondendo con una solidarietà concreta e propositiva al dramma dei minori a rischio, dei giovani con problemi di dipendenza, delle donne in difficoltà, dei senzatetto… Dal 1978 divenne anche guida spirituale per alcuni giovani e ragazze che, rispondendo alla chiamata di Dio, erano disposti a donare tutta la vita ai poveri sulle orme di Cristo Povero e Servo. Povertà e Carità di Servizio erano infatti le due prerogative attraverso le quali don Enzo contemplava il mistero di Cristo e lo incarnava con generosità e intelligenza. Prese così vita la Fraternità di Vita della Casa del Giovane, umilmente radicata nella Chiesa locale - come era lo stile di don Enzo - e composta da persone con varie vocazioni: sacerdoti, consacrati e consacrate e alcune famiglie. Tutti chiamati a testimoniare e a diffondere l’amore di Cristo per i piccoli e gli esclusi scegliendo la condivisione come stile di vita e sostenuti da una preghiera che si fa contemplazione nel servizio. L’intensa carità che batteva nel suo cuore di sacerdote portò don Enzo a spendersi quotidianamente per i giovani facendo propri i pesi e le fatiche di ogni persona che incontrava e sviluppando una profonda riflessione sulle cause dell’emarginazione giovanile e delle istanze educative presenti nella nostra società. Si generava un vero e proprio stile di vita e una cultura di solidarietà dove al centro è la persona, specialmente quella più povera. Negli anni ‘80 la comunità si sviluppò notevolmente, parallelamente - purtroppo - al diffondersi del problema della tossicodipendenza e del disagio giovanile. Vennero creati laboratori per favorire la crescita anche lavorativa dei giovani accolti, oltre ai corsi scolastici. Contemporaneamente la preoccupazione di don Enzo era anche quella di far crescere la cultura della solidarietà e dell’educazione, formando gli educatori ed i volontari alle cause del disagio e dell’ingiustizia sociale, con apertura ai grandi problemi del mondo e agli orizzonti missionari. Questo infaticabile farsi carico dei problemi e delle preoccupazioni vive e concrete degli altri, la gestione sempre più articolata e complessa delle comunità incise inevitabilmente sulla sua salute: nel 1987 venne operato allo stomaco. Iniziò così un periodo carico di sofferenze fisiche e psicologiche, con frequenti ricoveri per l’esaurimento nervoso che ancora lo tormentava, assieme all’assillo per la crescita della Comunità e dei giovani. Dedicò gli ultimi anni della sua vita al consolidamento dello stile educativo e alla cura delle vocazioni che, in quegli anni, attirate dal carisma discreto ma radicale che egli incarnava, trovavano in questo sacerdote una proposta vivente e attuale di Vangelo. Fu esigente nella formazione di coloro che avrebbero dovuto condurre il futuro della comunità da lui avviata e che ora si preparava a consegnare loro: tempi di preghiera intensi, studio della teologia e delle scienze educative, lavoro e condivisione di vita con i ragazzi accolti, vita comune furono le vie mediante le quali condusse le giovani vocazioni a lui affidate a maturare umanamente e spiritualmente nella sintesi da lui stesso vissuta: la contemplazione che si fa servizio sulle strade della città. Questi anni faticosi e intensi donarono a don Enzo anche una grossa soddisfazione: l’11 febbraio 1992 il vescovo di Pavia mons. Giovanni Volta riconobbe ufficialmente l’opera di don Enzo nell’ambito della Chiesa locale quale Associazione Privata di Fedeli. Era il coronamento di un cammino nato dal cuore appassionato e fedele di questo umile e tenace e sacerdote, la cui vita si era spesa completamente nell’amore a Dio e ai poveri. Don Enzo morì il 15 febbraio 1993 a Esine (BS) causa di un tumore al pancreas, dopo cinque mesi di cure chemioterapiche, lontano da Pavia, dalla sua comunità e dai ragazzi per i quali aveva donato tutto se stesso. In quella triste occasione venne stampata un’immaginetta-ricordo con una sua breve riflessione, sintesi della sua spiritualità e degli ideali che animarono la sua vita:
Se non ami la vita non la doni,
se non la doni non puoi servire il fratello, se non servi non ti liberi. Liberati per amore del Vangelo e dei fratelli in difficoltà. I funerali furono celebrati il 19 febbraio 1993 da mons. Giovanni Volta, sempre molto vicino nei momenti difficili e di crescita dell’opera di don Enzo. Nel Duomo della città si assieparono tantissime persone di ogni estrazione sociale e di varie appartenenze, dagli extra-comunitari alle autorità civili, dai religiosi carmelitani alle mamme di famiglia, tutti accomunati dal desiderio di salutare per l’ultima volta questo umile sacerdote che nel nascondimento e nella carità silenziosa seppe fare molto per la Chiesa, per la società e per i poveri. Negli anni successivi, la comunità Casa del Giovane, frutto della dedizione incondizionata della vita di don Enzo, affrontando non piccole difficoltà, ha custodito e sviluppato la sua eredità spirituale e i progetti di servizio da lui avviati. Nel contempo ha provveduto a raccogliere tutta la documentazione relativa al suo fondatore, al fine di mantenerne viva la memoria ed approfondirne il carisma. Il 15 febbraio 2006, il vescovo di Pavia mons. Giovanni Giudici, durante la celebrazione eucaristica per il XIII anniversario della sua morte, ha ufficialmente aperto la causa di beatificazione di don Enzo Boschetti. Tale fase si è conclusa il 15 febbraio 2008 ed è proseguita presso la Congregazione Vaticana per le Cause dei Santi. L'11 giugno 2019 papa Francesco riconoscendo nella vita di don Enzo le virtù del Vangelo vissute in grado eroico, lo ha proclamato 'venerabile', indicandolo come modello e maestro di vita e di carità per tutti.
In ricordo del nostro Don
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